lunedì 19 marzo 2012

Storie di dialoghi. Parte 1

E si fece avanti, distruggendo la quiete dei boschi con il rumore dei suoi passi. Benché la sua natura fosse docile e fragile, le sue impronte erano cicatrici nel silenzio. Si presentò, infine, alla mia sinistra. Sarà stato il tè, o le spezie nella carne, ma quella visione allietò ancor più la mia giornata. Era l'incarnazione ibrida della dea Artemide e di Afrodite. La sua immagine sapeva ben mescolarsi con lo sfondo boschivo. Ogni sensazione nasceva dal suo movimento, si riproduceva nel vento e moriva in me. Il suo essere apparteneva al luogo. Rigirai lo sguardo in avanti e domandai:
«Chi sei?».
La gola si stringeva, quell'istante, seppur istante, fu infinito. Senza fine, come il silenzio che marca senza gloria i momenti imbarazzanti.
Era pronta, sentivo la sua bocca raccogliere il vento.
«Cosa?». Mi disse.
Fu un lampo. Le parole distrussero il sogno e la magia. L'umana fallacità di quei suoni mi trascinarono senza pietà nella realtà.
«Ah, sei tu...».
È strano come le atmosfere diverse riescano a trasformare le persone, anche quelle che conosci da una vita, in esseri perfetti. Forse i nostri giudizi variano con i punti di vista.
«Cosa fai qui?» Le chiesi.
«Sono stanca. Stanca di sapere tutto, di essere a mio modo perfetta.» Mi rispose.
Meravigliato, replicai:
«Sì, tu sei perfetta. Siamo perfetti. Noi siamo coloro che vivono nel mondo interiore, che non hanno bisogno di nulla perché hanno tutto. Noi pensiamo, sappiamo, e soprattutto siamo. Noi, esseri superiori, di cosa potremmo stancarci?»
«Di tutto questo.». Disse e continuò, riprendendo fiato:
«Viviamo in un mondo senza sorrisi e felicità, dove tutto è creazione dei nostri pensieri. Ma guarda lì fuori... Quella gente lì senza pensieri... Sono imperfetti fin dalle radici, presuntuosi della loro misera conoscenza e deboli di fronte ai loro sentimenti. Ma sono felici. Hanno il sorriso stampato sulla faccia sebbene sono costretti ogni giorno alla fatica e alla tortura della loro miserabile vita. Io... voglio unirmi a loro.»

Passarono 10 secondi, uno scoiattolo si cibava di alcuni mirtilli. Quando si accorse di me, fuggì su un albero. Allora diressi lo sguardo verso il basso e le chiesi con aria infranta:
«È davvero quello che vuoi?»
«Sì». Esclamò Lei.
«Sappi che, una volta unita a loro, dimenticherai tutto. Dimenticherai i tuoi ricordi, i tuoi amici qui e ogni cosa che può ricondurti a questo luogo. Dimenticherai il tempo passato, i boschi, le panchine, il mare agitato, le tempeste, la quiete, le spiagge e me. Diventerai esattamente come loro, ignorante, debole e imperfetta. Sei pronta a barattare tutto questo per la felicità?»
«Sì, sono pronta.»
Una brezza iniziò a levarsi e il mio respiro si fece più profondo.
Mi alzai, andai verso di lei e l'abbracciai.
«Mi mancherai»
«Anche tu»
L'abbraccio finì nello stesso modo in cui era iniziato. Allora dissi:
«Anche se non ricorderai nulla di me, sappi che io veglierò lo stesso sui tuoi sonni. Ti farò visita e ti darò consiglio quando ne avrai bisogno»
«Grazie»

Mi risedetti.
Passò qualche momento. Un vento innaturale ci colpì. Quel vento spazzò via ogni mia immagine nei suoi ricordi. La mia traccia nelle sue foto piano piano sparì. Di me ne rimase il vuoto in lei.
Passato qualche minuto, la ragazza si mise le mani in testa ed esclamò:
«Scusami!»
Mi girai di nuovo.
«Credo di essermi persa e ho un terribile mal di testa. Potresti indicarmi la via per la città più vicina?»
Per un attimo avevo pensato che se ne fosse pentita. E invece, se ne era andata per sempre.
«Sì, vedi quell'albero di mele?» Replicai. «Continua in quella direzione e troverai la strada.»
«Grazie, gentilissimo.»
Sorrise.
Vidi per la prima volta il suo sorriso. Quel sorriso immotivato che tanto desiderava.
Ma, prima di avviarsi, si girò ancora verso di me.
«Ma dimmi, cosa stai facendo qui tutto da solo?»
Quelle parole scavarono dentro di me e fecero dei miei ricordi solo sabbia. Esclamai con ironia:
«Ti stavo aspettando... per darti indicazioni».
Si mise a ridere, e per un attimo ho creduto di farlo anch'io.
Infine si avviò lungo il cammino.
La mia risposta sembrava ironica, ma non lo era. La verità è che io, quel giorno, la stavo aspettando davvero. E se me l'avesse chiesto all'inizio, che stessi facendo lì da solo, forse non se ne sarebbe mai andata. Forse.

giovedì 8 marzo 2012

Il baratro

Il tempo alimenterà la tua fiamma.
Non basteranno le lacrime a spegnerla.
Ti consumerà nei ricordi.
E le tue voglie si scioglieranno in cenere
4 righe, 4 frasi, 4 pensieri. Tutto qui. Ho trasformato 20 minuti della mia vita a metter su 140 caratteri. 140 minuscoli segni fatti da combinazioni di 21 lettere diverse. Ma saranno solo lettere e punti? Forse dietro quelle parole si nasconde l'ebrezza di aver lasciato il segno. Sì, perché quando uno scrive, o almeno, quando IO scrivo cerco di lasciare un pezzo di me in quella pagina di carta bianca. E la mia massima aspirazione e speranza è nel sapere che quel pezzo di me è riuscito ad entrare nella testa di chi legge. Forse in pochi l'avranno capito, ma toccare il profondo di una persona è un modo di accarezzarla, di avvicinarla. Sentirsi persi nel vuoto è un sentimento tipico di molti esseri umani. Ma sapere che in quell'immenso vuoto non si è soli, che qualcun altro è lì come noi a lasciarsi masticare dalla solitudine, ci fa capire che in fin dei conti non siamo noi ad essere sbagliati. Per questo ci lasciamo cullare dalle parole e non vediamo l'ora di poter condividere NOI STESSI. Perché siamo NOI gli sconosciuti. Ognuno aspetta una persona, il proprio salvatore a cui poter confidare e scaricare tutto. Beh, il salvatore è in ognuno di noi. Dobbiamo conoscerci meglio; devo conoscermi meglio. Perché conoscersi è il primo grande passo verso il conoscere gli altri. Il primo vero salto fuori dal baratro.
Ma sembra non bastare... la superficialità ci ferma. La superficialità è una liscia parete quasi impossibile da scavalcare. E lo sapete benissimo, perché anch'io, sebbene c'è chi mi reputa una persona profonda, risento troppo della superficialità. Molte volte mi faccio giudice delle sole apparenze. Se una persona mi mostra dei lati che non accetto, tendo a cambiare radicalmente opinione su di essa. Come se i difetti superassero di gran lunga i pregi. È una parte di me che odio e che non riesco a sopprimere. Per questo cerco di non approfondire troppo i rapporti, per paura di poterli troncare (è successo una miriade di volte). Ma un lato positivo c'è. Conosco persone che hanno superato il test di questo mio "sporco-giudice" (lo chiamo così) e devo dire che non mi hanno mai deluso. Comunque vada sono sempre lì. E poi... c'è chi è entrata senza bussare nei miei pensieri... ma questa è un'altra storia, un'altra diversa storia. Perché è entrata, ma in realtà non c'è. Non ho il coraggio di svuotarmi di lei, non ci riesco.
Ebbene è così. Ci si libera davanti ad un computer sperando nell'esistenza di qualche lettore. Come dicevo prima, sapere che al mondo esiste qualcuno in grado di capirti e in grado di cacciar fuori il meglio di te, ti riempie semplicemente l'anima di gioia. Non sai cos'è la gioia? Hai presente quella sensazione che dalla pancia saliva nella gola e che sentivi da bambino ogni volta che scartavi un regalo, ogni volta che i tuoi desideri, per quanto semplici e banali, diventavano realtà? Hai presente quella sensazione di farfalle allo stomaco quando l'hai vista la prima volta? Hai presente il tuo sorriso spontaneo quando vedi/pensi quella persona oppure quando rivedi un caro amico? Quella è la gioia e questi sono solo piccoli esempi.