«Chi sei?».
La gola si stringeva, quell'istante, seppur istante, fu infinito. Senza fine, come il silenzio che marca senza gloria i momenti imbarazzanti.
Era pronta, sentivo la sua bocca raccogliere il vento.
«Cosa?». Mi disse.
Fu un lampo. Le parole distrussero il sogno e la magia. L'umana fallacità di quei suoni mi trascinarono senza pietà nella realtà.
«Ah, sei tu...».
È strano come le atmosfere diverse riescano a trasformare le persone, anche quelle che conosci da una vita, in esseri perfetti. Forse i nostri giudizi variano con i punti di vista.
«Cosa fai qui?» Le chiesi.
«Sono stanca. Stanca di sapere tutto, di essere a mio modo perfetta.» Mi rispose.
Meravigliato, replicai:
«Sì, tu sei perfetta. Siamo perfetti. Noi siamo coloro che vivono nel mondo interiore, che non hanno bisogno di nulla perché hanno tutto. Noi pensiamo, sappiamo, e soprattutto siamo. Noi, esseri superiori, di cosa potremmo stancarci?»
«Di tutto questo.». Disse e continuò, riprendendo fiato:
«Viviamo in un mondo senza sorrisi e felicità, dove tutto è creazione dei nostri pensieri. Ma guarda lì fuori... Quella gente lì senza pensieri... Sono imperfetti fin dalle radici, presuntuosi della loro misera conoscenza e deboli di fronte ai loro sentimenti. Ma sono felici. Hanno il sorriso stampato sulla faccia sebbene sono costretti ogni giorno alla fatica e alla tortura della loro miserabile vita. Io... voglio unirmi a loro.»
Passarono 10 secondi, uno scoiattolo si cibava di alcuni mirtilli. Quando si accorse di me, fuggì su un albero. Allora diressi lo sguardo verso il basso e le chiesi con aria infranta:
«È davvero quello che vuoi?»
«Sì». Esclamò Lei.
«Sappi che, una volta unita a loro, dimenticherai tutto. Dimenticherai i tuoi ricordi, i tuoi amici qui e ogni cosa che può ricondurti a questo luogo. Dimenticherai il tempo passato, i boschi, le panchine, il mare agitato, le tempeste, la quiete, le spiagge e me. Diventerai esattamente come loro, ignorante, debole e imperfetta. Sei pronta a barattare tutto questo per la felicità?»
«Sì, sono pronta.»
Una brezza iniziò a levarsi e il mio respiro si fece più profondo.
Mi alzai, andai verso di lei e l'abbracciai.
«Mi mancherai»
«Anche tu»
L'abbraccio finì nello stesso modo in cui era iniziato. Allora dissi:
«Anche se non ricorderai nulla di me, sappi che io veglierò lo stesso sui tuoi sonni. Ti farò visita e ti darò consiglio quando ne avrai bisogno»
«Grazie»
Mi risedetti.
Passò qualche momento. Un vento innaturale ci colpì. Quel vento spazzò via ogni mia immagine nei suoi ricordi. La mia traccia nelle sue foto piano piano sparì. Di me ne rimase il vuoto in lei.
Passato qualche minuto, la ragazza si mise le mani in testa ed esclamò:
«Scusami!»
Mi girai di nuovo.
«Credo di essermi persa e ho un terribile mal di testa. Potresti indicarmi la via per la città più vicina?»
Per un attimo avevo pensato che se ne fosse pentita. E invece, se ne era andata per sempre.
«Sì, vedi quell'albero di mele?» Replicai. «Continua in quella direzione e troverai la strada.»
«Grazie, gentilissimo.»
Sorrise.
Vidi per la prima volta il suo sorriso. Quel sorriso immotivato che tanto desiderava.
Ma, prima di avviarsi, si girò ancora verso di me.
«Ma dimmi, cosa stai facendo qui tutto da solo?»
Quelle parole scavarono dentro di me e fecero dei miei ricordi solo sabbia. Esclamai con ironia:
«Ti stavo aspettando... per darti indicazioni».
Si mise a ridere, e per un attimo ho creduto di farlo anch'io.
Infine si avviò lungo il cammino.
La mia risposta sembrava ironica, ma non lo era. La verità è che io, quel giorno, la stavo aspettando davvero. E se me l'avesse chiesto all'inizio, che stessi facendo lì da solo, forse non se ne sarebbe mai andata. Forse.